Mia madre è un fiume: i Premi del 2011

Mia madre è un fiume: i Premi del 2011

24/09/12

Donatella Di Pietrantonio all'Ipab diurna di Villa Rota Barbieri

Venerdì 21 nella Giornata nazionale dedicata all'Alzheimer si è svolta con pieno successo l'iniziativa promossa da Ipab di Vicenza Ulss n. 6, Fondazione Cariverona e il mondo dell'Associazionismo di Vicenza che ha visto, con la partecipazione  dell'autrice Donatella Di Pietrantonio,  la presentazione del suo libro di successo "Mia madre è un fiume" che tratta del rapporto madre - figlia,  con la mamma malata di Alzheimer.
L'iniziativa si è svolta al Centro diurno Villa Rota Barbieri di contrà Biron di sopra 86 , centro specializzato, con il personale dipendente della società Ipark di Ipab e di cui è amministratore unico Giovanni Rolando, nell'assistenza alle persone affette da questa grave malattia, purtroppo sempre più diffusa.
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26/08/12

DONATELLA DI PIETRANTONIO si aggiudica il Premio Letterario John Fante Opera Prima

Torricella Peligna (CH)-  DONATELLA DI PIETRANTONIO si aggiudica il Premio Letterario John Fante Opera Prima con Mia Madre è un fiume (Elliot, 2011)

E’ stato assegnato alla presenza della direttrice artistica Giovanna Di Lello, del Sindaco di Torricella Peligna, delle istituzioni locali patrocinanti e di numerosi torricellani, il Premio letterario “John Fante Opera Prima”, appuntamento d’apertura della settima edizione del Festival “Il Dio di mio padre”. 

 

Guarda il video su abruzzolive 

24/08/12

Donatella Di Pietrantonio finalista al Premio John Fante

I FINALISTI DEL PREMIO JOHN FANTE OPERA PRIMA 2012

I finalisti del Premio John Fante Opera prima 2012 sono Francesco Targhetta, “Perciò veniamo bene nelle fotografie” (ISBN, 2012), Donatella Di Pietrantonio, “Mia madre è un fiume”, (Elliot, 2011), Giuseppe Di Piazza, “I quattro canti di Palermo” (Bompiani, 2012). A nominarli è stata una giuria composta da Francesco Durante (presidente), Masolino D’Amico ed Emanuele Trevi.
Francesco Targhetta, Perciò veniamo bene nelle fotografie (ISBN, 2012)
«Non si muove nessuno, qua, perciò veniamo bene nelle fotografie»: è uno dei tanti ritratti che il protagonista di questo libro fa della sua generazione di idealisti e insicuri, impiegati di call center e aspiranti professori, provinciali tormentati e contemplatori urbani. A metà tra romanzo di formazione e poema del quotidiano, questa è la storia di un dottorando e dei suoi – altrettanto precari – coinquilini, che, tra un prosecco di sottomarca e un pezzo rock improvvisato in sala prove, condividono le giornate in un quartiere dal «corpo bisunto» nella Padova popolare.
Francesco Targhetta è del 1980. Dopo la laurea in lettere e il dottorato in italianistica, ha fatto l’insegnante e ora è ricercatore all’Università di Padova. Recensisce dischi per diverse testate sul web e suona la chitarra e l’ukulele.
Donatella Di Pietrantonio, Mia madre è un fiume (Elliot, 2011)
Una donna, ormai anziana, mostra i primi segni della malattia che le toglie i ricordi, l’identità, il senso stesso dell’esistenza. È tempo per la figlia di prendersi cura di lei e aiutarla a ricostruire la loro storia. I fili delle loro esistenze si svolgono dagli anni Quaranta fino ai nostri giorni, in un Abruzzo “luminoso e aspro”, che affiora tra le pagine quasi fosse una terra mitologica e lontana. Sono ricordi dolcissimi e crudeli, pieni di vita e di verità, che ricostruiscono la storia di un rapporto e di un’Italia apparentemente così lontana eppure ancora presente nella storia di ognuno di noi.
Donatella Di Pietrantonio è nata e ha trascorso l’infanzia ad Arsita, un paesino della provincia di Teramo, e vive a Penne (PE). Nella vita fa la dentista per bambini. Scrive dall’età di nove anni.
Giuseppe Di Piazza, I Quattro canti di Palermo (Bompiani, 2012)
Ambientato nei primi anni Ottanta, un  giovane giornalista di cronaca nera cerca di sopravvivere nella città della mattanza  mafiosa utilizzando le uniche armi che ha a disposizione: l’amore e il sesso. Le giornate del protagonista  scorrono in equilibrio tra sangue pubblico – delitti, indagini, scoop – e  sentimenti privati – conquiste rapinose, notti di musica, letture. Intorno a  lui quattro storie nere che lo condurranno a immergersi in un mondo fatto di  violenza, speranze frustrate, illusioni. Quattro storie che  agli occhi del protagonista, “occhi di sonno” per via delle tante notti perse,  diventano canti di una città disperata e seducente. Ma il protagonista, con il suo racconto appassionato sembra alludere a un quinto canto impercettibile alla vista, il  più visibile per chi è andato via da Palermo: il canto  dell’assenza.

Giuseppe Di  Piazza ha cominciato la sua carriera  giornalistica nel 1979 al quotidiano L’Ora di Palermo. Lavora al Corriere della Sera. E’ stato direttore di Max, di  Sette e dell’Agenzia Agr.  Insegna all’università Iulm e nel 2011 ha esordito  come fotografo con la mostra Io non sono padano.


18/07/12

Mia madre è un fiume presso il Convento di Santa Maria dei Lumi

Civitella del Tronto: sabato 21 luglio, alle ore 16,30, verrà presentato il libro "Mia madre è un Fiume" della scrittrice abruzzese Donatella Di Pietrantonio, presente all'evento, che si terrà presso il Convento di Santa Maria dei Lumi.

10/07/12

Donatella Di Pietrantonio a "Mondo d'autore"











Mercoledì 1 agosto ore 21.00 : Centro Storico
La Biblioteca Comunale di Sant'Omero presenta "Mondo d'autore"
Frammenti di memoria: interviene Donatella Di Pietrantonio autrice di "Mia madre è un fiume"

Donatella Di Pietrantonio finalista del Premio John Fante

Donatella Di Pietrantonio è tra i finalisti del Premio John Fante 2012

Donatella Di Pietrantonio è finalista del Premio John Fante Opera prima 2012 con il suo romanzo "Mia madre è un fiume"
Il vincitore, scelto da una giuria popolare, verrà proclamato il 24 agosto nel corso di una cerimonia a Torricella Peligna, paese d’origine di John Fante, nell’ambito del Festival Letterario "Il Dio di mio padre".

24/04/12

Donatella Di Pietrantonio a "Il Maggio dei LIbri"

Venerdì 27 aprile 2012

Aula Magna ore 11,15 – 13,00


Lo scrittore Marcello Nicodemo
assegnerà il premio al vincitore
del  Concorso  Letterario a.s. 2011/12

Ospite gradito della Manifestazione
Donatella Di Pietrantonio
autrice del romanzo
“Mia madre è un fiume”
Premio Tropea Letterario
nazionale 2011
L'evento culturale partecipa
alle manifestazioni
il Maggio dei Libri
Organizzato dal Centro del Libro
e della Lettura
web: ilmaggiodeilibri.it

11/04/12

Madri e fiumi: 13 aprile 2012 a Lanciano

Nottetempo - pagina per pagina: racconti letti dall'autore
Libreria D'Ovidio - Lanciano (CH) : Portici Comunali, ore 21.30

28/03/12

Donatella Di Pietrantonio: incontro con l'autore a Foggia


Giovedì 29 marzo alla ore 10,00 presso l’Auditorium della Biblioteca provinciale si svolgerà “l’Incontro con l’autore dell’Istituto C. Poerio “ di Foggia con la scrittrice Donatella Di Pietrantonio che presenterà il romanzo “ Mia madre un fiume” la storia avvincente ha catturato l’interesse degli studenti facendoli riflettere sul complesso rapporto genitoriale con la madre e sulla problematica dell’Alzheimer. Profonde ed articolate le riflessioni e le rielaborazioni personali espresse sotto forma di poesie−recensioni− disegni e prodotti multimediali interpretativi della vicenda narrata e del pensiero della scrittrice.

26/03/12

Donatella Di Pietrantonio alla Libreria Stile Libero

Giovedì alle 18.30 presentazione del libro Mia madre è un fiume, dell'autrice Donatella Di Pietrantonio.

19/03/12

Donatella Di Pietrantonio al Centro di Studi Sorani

Sabato 24 marzo 2012, ore 17.00
SORA, PALAZZO MUNICIPALE
CORSO DE' VOLSCI
PIAZZETTA S. SPIRITO

Donatella Di Pietrantonio
Madri e Fiumi

Case d'autore: articolo de Il Centro del 18 marzo 2012

Donatella Di Pietrantonio, scrittrice tra natura e borgo

«La mia Penne è memoria»


 In una giornata incerta tra il sole nuovo di marzo e le freddure residuali di febbraio, la scrittrice abruzzese Donatella Di Pietrantonio ha aperto a “Case d’Autore” le porte della propria abitazione, in una Penne dalla luce quasi metafisica. Davvero metafisico lo spazio che dalle mura del quartiere Corea, popolare e inaugurale la bellezza del centro storico, giunge ad animare casa di Donatella, forse perché di quell’antica abitazione è stato conservato tutto, ai fini di non lasciare che il respiro antico tra spazio privato e pubblico andasse perduto. Una metafisica del colore bianco, dominante, di un’accoglienza quasi uterina, di una luce intensa ma pacifica, di legni e libri e accorgimenti minimi ma sostanziali di chi scrive e riscrive ogni giorno il proprio stare al mondo. Fuori, a strapiombo, l’Abruzzo aspro di altezze, dolce di declivi, giardini e orti che ci scrutano mentre iniziamo a chiacchierare.
 Signora Di Pietrantonio, lei è nata e ha trascorso l’infanzia ad Arsita, nel teramano, ma vive e lavora a Penne. Ci parli un po’ di questi spostamenti, di come hanno influenzato la sua domesticità.
 
«Le varie case rappresentano in realtà delle tappe di vita, di evoluzione della mia storia per cui la prima casa è stata la casa rurale in un piccolo borgo pedemontano, ad Arsita; lì vi era un rapporto strettissimo tra la casa e la natura, tanto ch’essa sembrava bussare alla porta con una vera e propria pressione fisica, per cui da bambina vivevo molto la dimensione della casa-riparo. All’età di dieci anni c’è stato il trasferimento a Penne in casa colonica che abbiamo ristrutturato proprio come si usava negli anni ’70, mettendo le cosiddette “comodità”, all’insegna del principio di funzionalità ma a scapito della conservazione. Dopo varie vicissitudini come l’abitare in affitto - confesso un’esperienza davvero asfissiante - ho deciso unitamente al mio compagno di acquistare una vecchia casa nel centro storico di Penne, da ristrutturare. Per me questa è stata proprio l’idea di casa: piena di storia, dove sentire, accogliere l’anima delle generazioni che l’hanno abitata».
 Un quartiere antico il cui ingresso, ho notato arrivando, è deturpato da un enorme ripetitore telefonico...
 
«Quello delle antenne è stato un trauma perché quando io ho preso questa casa c’era proprio l’intenzione di ristrutturarla rispettando il genius loci, le anime che sentivo in questo luogo. In questi dodici anni l’unico intervento è stato l’installazione di queste antenne che stanno rendendo il quartiere la San Silvestro di Penne! Una violenza insanabile. Stiamo cercando di darci da fare attraverso un comitato di cittadini, ma è dura farsi ascoltare. Viviamo al fianco di un intervento non voluto ma imposto. Tra l’altro Penne è stata inserita da poco nell’elenco dei borghi più belli d’Italia, e questo contrasto è davvero scandaloso. Lo vivo, lo viviamo come un colpo al cuore, il tradimento di una storia, di una cultura».
 Scrivere è abitare per lunghi periodi della propria vita una pagina e forse questi sono i periodi nei quali, alle prese con noi stessi, viviamo più intensamente. Cosa significa per lei “abitare una pagina”?
 
«Abitare una pagina è un’emozione che evolve man mano che la pagina si riempie. All’inizio c’è l’angoscia della pagina bianca e quindi il misurarsi con la possibilità e la paura di non saperla riempire. C’è questo mistero, un grande punto interrogativo davanti a te. Come l’abiterò...? Ma poi scocca la scintilla, da alimentare, curare, un fuoco che deve divorare la pagina stessa. Pian piano cresce la sensazione di riempimento che è completamento di se stessi, si arriva al fondo della pagina stremati, soprattutto io vi arrivo stremata, considerato il mio non essere una cosiddetta scrittrice “torrenziale”... E questo accade al di là del tempo a disposizione: riesco a indugiare mezza giornata su tre righe!».

17/03/12

Donatella Di PIetrantonio : ultime presentazioni

Donatella Di Pietrantonio: appuntamenti di marzo
10 marzo ore 18.00 : Per il ciclo "Voci di donne",  presso la Sala Polivalente della Biblioteca Comunale di Loreto Aprutino
Giovedì 15 marzo, ore 17,00 "Di madre in figlia" Caffè letterario – Bct - Piazza della Repubblica, 1 - Terni. 
Domenica 18 marzo 2012 ore 18.00 presso l'Associazione culturale L'Officina (L'Arte e i Mestieri) Giulianova centro storico
Sora, Sabato 24 marzo (Palazzo Municipale), ore 17.00 : dibattito ‘Madri e fiumi’
Dettagli sulla pagina facebook  Mia madre è un fiume
 

01/03/12

Donatella Di Pietrantonio presenta il suo libro a Terni

Giovedì 15 marzo, ore 17,00 "Di madre in figlia" Caffè letterario – Bct - Piazza della Repubblica, 1 - Terni.
Incontro con Donatella di Pietrantonio, autrice del libro "Mia madre è un fiume" - Ed Elliot 2011.
Inaugurazione della mostra fotografica "Come mia madre" di Gloria Vatteroni.
Michela Rosati, psicologa e psicoterapeuta, conversa con le autrici sul tema del rapporto tra madre e figlia.
Un incontro per indagare il rapporto tra madri e figlie sul filo della memoria, atavica, storica, individuale e per capire, attraverso racconti, creati dal nulla o reali, fatti di parole o di immagini, cosa può succedere quando il percorso della memoria si interrompe.
Nell'ambito del progetto Donna Sempre.

23/02/12

'Grazie ai miei piccoli pazienti imparo a indagare i sentimenti'

Articolo de La Repubblica del 22 febbraio 2012 di Fulvio Paloscia pag. 9 sezione Firenze

'Grazie ai miei piccoli pazienti imparo a indagare i sentimenti'

 "Mia madre è un fiume" è stato lanciato come il miglior romanzo d' esordio degli ultimi anni dopo La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano. L' autrice, Donatella Di Pietrantonio, abruzzese over 40, ospite oggi con Sandra Teroni di "Leggere per non dimenticare" alle Oblate (17.30) per presentare il libro edito da Elliot, allontana da sé facili riferimenti o paragoni: «Il mondo dell' editoria ha risvolti di marketing che mi sfuggono. In Italia si pubblica troppo e il superfluo fa scattare la ricerca di una voce genuina, autentica in un brusio assordante non sempre di qualità». Di Pietrantonio la sua voce l' ha trovata senza abbandonare il lavoro di dentista per bambini. «I due aspetti della mia vita si influenzano in modo decisivo. La medicina ti fa avvicinare le persone in una sfera molto intima e per fare questo - soprattutto con i piccoli pazienti - occorre una forte dose di empatia. E la scrittura, si sa, ha molto a che fare con la profondità dei sentimenti, delle emozioni umane». Il romanzo affronta il tema del rapporto tra madre e figlia dal punto di vista della malattia: la donna anziana assiste alla cancellazione progressiva e implacabile della memoria. Spetterà alla figlia ricostruirla, perdendo però anche l' ultima occasione di chiarimento riguardo ad un legame nato storto: «Cerco sempre di considerare le situazioni nella loro complessità - spiega Di Pietrantonio - in questo caso la patologia neurodegenerativa La copertina del libro colpisce la madre e si abbatte anche sull' intero nucleo familiare. A farsene carico, come sempre accade,è la figlia più grande, proprio colei che ha vissuto un rapporto conflittuale con la donna». A fare da sfondo alla storia di questo labile nodo, la Storia di una comunità: quella contadina d' Abruzzo (lì è nata e vive la scrittrice) con le sue tradizioni, il suo modo di pensare la femminilità come sacrificio necessario: «Nelle mie intenzioni iniziali non c' era la volontà di porre in dialogo la dimensione personale con quella sociale né di affrontare il tema delle radici. Ma via via che scrivevo il romanzo e delineavo i personaggi, questi elementi si sono imposti con forza, soprattutto nel raccontare la madre, retaggio di una cultura arcaica». Bando ad ogni compiacimento: lo stile della Di Pietrantonio è essenziale, privo di sperimentalismi esibiti, «anche se in realtà ero partita in senso totalmente opposto.È stato un percorso lungo e tortuoso che mi ha portato alla sottrazione, ad una lingua asciutta, ridotta all' osso, quella cioè che ritengo aderente al territorio, ai personaggi di questa piccola comunità rurale dell' Abruzzo pedemontano. Uno stile più ricco avrebbe tradito la loro essenza».

FULVIO PALOSCIA




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14/02/12

Donatella Di Pietrantonio presenta il suo libro a Firenze

Per il ciclo d’incontri "Leggere per non dimenticare" a cura di Anna Benedetti, mercoledì 22 febbraio 2012  Donatella Di Pietrantonio presenta il suo libro "Mia madre è un fiume" (Ed. Elliot, 2011) alla Biblioteca delle Oblate, in Via dell’ Oriuolo 26, a Firenze alle ore 17.30. Introduce Sandra Teroni.
Il racconto poetico e indimenticabile di un “amore andato storto da subito” tra una figlia e una madre che “era troppo educata al sacrificio per permettersi il piacere di stare con la sua creatura”. Un romanzo d’esordio, in cui le vicende personali si uniscono alla storia corale di un’Italia contadina, ritratta dagli anni di guerra fino ai nostri giorni.
Info: http://www.leggerepernondimenticare.it/

06/02/12

Il Centro di lunedì 6 febbraio 2012: Un racconto di Donatella Di Pietrantonio

La cena della neve
di Donatella Di Pietrantonio
  La scrittrice di Penne, autrice del romanzo “Mia madre è un fiume”, ha scritto per Il Centro il racconto che ha per protagonista un uomo single.

Dopo giorni di eccitanti quanto catastrofiche previsioni meteorologiche, mercoledì mattina anche il vicino mi ha mostrato orgoglioso il suo IPhone tre o quattro, adesso non ricordo, che annunciava per le ore ventidue neve su Penne. Sicuro? gli ho chiesto. Sicuro, ha risposto, questo non sbaglia. Fai le provviste, mi ha consigliato, il freddo polare durerà fino alla metà di febbraio e potrebbero scarseggiare i rifornimenti ai supermercati. A mezzogiorno sono andato a fare la mia consueta misera spesa di single e ho notato gli scaffali sorprendentemente vuoti, a dispetto della crisi che morde. Pasta, farina, zucchero e caffè decimati, come in tempo di guerra. In compenso i carrelli in fila alle casse erano per l’appunto pieni di pasta, farina, zucchero e caffè, i fondamentali. Sono uscito un po’ turbato, con il mio shopper leggero. Alle dieci di sera la neve ha disubbidito alle previsioni e si è rifiutata di cadere. Dopo aver concesso il quarto d’ora e anche i quaranta minuti accademici ho aperto la finestra della cucina e tirato dei sassolini contro il vetro dirimpettaio del vicino, ma ha finto di non sentirmi. Forse stava consolando il suo IPhone umiliato.

Il venerdì mattina ha iniziato quando è parso comodo al cielo che si è graziosamente curvato su di noi per sfarinarci addosso riserve accumulate a lungo. Allentata la pressione mediatica inibitrice, l'evento ha avuto luogo e sèguita, incessante. Nevica sottile, a mulinelli di fiocchi leggeri e svogliati di posarsi sul manto già steso. Nevica come all'inizio dei tempi, con uguale indifferenza. Esco con il cappuccio sulla testa, non amo gli ombrelli. Ogni tanto le ciglia intercettano un fiocco e vedo attraverso cristalli stellati che presto si sciolgono e diventano mie lacrime. In salita il respiro si fa frequente, per la fatica di vincere l'attrito dei piedi con questo bianco spessore.
Le piazze deserte sembrano immense, amplificate dal silenzio. Unico suono è il brivido quasi di polistirolo compresso sotto le suole dei miei scarponi. Non incontro bambini che giocano. Sopra i comignoli si alzano i fumi dei fuochi degli uomini al riparo nei loro complessi rifugi. M'intenerisco di loro nella solitudine dei miei passi. Guardo indietro, le orme profonde che nel giro di qualche ora saranno livellate dalla precipitazione continua. Saprò solo io che sono stato qui. M'incammino verso casa in questo crepuscolo dilatato dalla vastità del bianco. Dentro è già buio e freddo. Accendo tutto quello che posso, compresa la musica. Alla finestra la solita tenda mobile di fili bianchi tesi dal cielo invisibile, a momenti più decisi, o più esitanti. A tratti fatico a scorgere il muro di fronte. E tuttavia spero che non smetta, spero di restare compreso in questo fenomeno straordinario, chiuso nel mio guscio di muratura.
In fondo non va così male. La dispensa abbonda di pacchi di pasta semivuoti, qui un etto di mezze maniche, là una manciata di fusilli, li unirò e preparerò un minestrone con certe verdure avanzate in settimana che già appassiscono nel cesto. E' triste cucinare per uno, soprattutto per se stessi. Certi giorni pesco il tonno con la forchetta direttamente dalla sua scatola di latta, sul tavolo nudo della cucina, poi pulisco con la spugna le gocce d'olio cadute sul ripiano in finto marmo. Vivere soli riduce i bisogni a quelli strettamente essenziali. Ma oggi no, ci vuole qualcosa di caldo, in onore della neve. Mi appresto, con la scarsa attitudine dei maschi costretti che le mamme abruzzesi non hanno formato all'autonomia. Sbuccio due patate e mi resta il solito dubbio su questo verdino un po' sinistro scoperto dalla lama. Buttare o cuocere? Senza patate che minestrone sarebbe? Allora cuocere, comunque. Suona il campanello. Una rapida occhiata circolare sul disordine stagionato e irrecuperabile, almeno nel breve periodo, poi mi chiudo alle spalle la porta della cucina e vado ad aprire disinvolto. Eccolo qui, il vicino dell'IPhone che si scotta le mani intorno a un piatto colmo di polenta fumante al sugo di salsiccia. Mia moglie l'ha appena fatta, dice. Poi getta uno sguardo al vuoto dietro di me e chissà che impressione gli fa. Anzi, si illumina, vieni a sederti con noi che facciamo prima. Non ti scordare le chiavi, però. Mi accerto di averle in tasca e lo seguo mentre gira sui tacchi ed esce, due passi contati ed entriamo da lui, che ha lasciato aperto.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
6 febbraio 2012


01/02/12

Silvia Marfisi: Il racconto che cura

(www.aracneeditrice.it)
La narrazione autobiografica come terapia possibile nella malattia di Alzheimer 

(tratto da "Psicologia clinica e psicoterapia 17 - Collana diretta da Rosario Di Sauro)

L’intera attività terapeutica è in fondo questa
sorta di esercizio immaginativo, che
recupera la tradizione orale del narrare
storie; la terapia ridà storia alla vita.
James HILLMAN
“Le storie che curano”

 pp.17/18

(... ) C’è un romanzo di recente uscita (Mia madre è
un fiume, Elliot, Roma 2010), dell’esordiente Donatella Di
Pietrantonio, la cui narrazione in seconda persona mette
mirabilmente in luce l’atto di ricucire, nella malattia di
Alzheimer, l’orditura di una tela squarciata. La narratrice
si rivolge alla madre malata come a un’interlocutrice a cui
bisogna ricordare, attraverso le piccole cose quotidiane,
chi è stata, chi è e come si muove il mondo attorno a lei:
“Oggi facciamo un lavoro insieme. Niente di difficile, non
ti agitare. Lo so che ti piace di più quando ti racconto,
ma in camera tua c’è un pò di confusione nei tiretti del
comò, ci conviene sistemarli (. . . ) Prepariamo il pranzo,
ho comprato i taiaticci. Lo sai che non sono capace, li ho
presi al negozio di pasta all’uovo. Chiacchierando sgusciamo
le fave che papà ha raccolto stamattina. Belle fresche,
già dopo un giorno perdono il sapore (. . . ) Attenta qui
mettiamo le bucce e là i chicchi, in quel piatto. Soffriggo
nell’olio una cipolla novella tagliata sottile e aggiungo i
legumi. . . ” (pp. 53, 167). Ecco questo dialogo costante dà
proprio l’idea di rappezzare, rimettere insieme i deboli fili
che seppur flebilmente tentano di ristabilire nella mente
slabbrata del malato di Alzheimer, legami significanti e
connessioni affettive. (...)

26/01/12

TG1 Biblioteca multimediale: video intervista Donatella Di Pietrantonio

  La lingua salvata

Il romanzo "Mia madre è un fiume" (Ed. Elliot 2011) diventa la tela letteraria su cui Donatella Di Pietrantonio salva la lingua materna. La sua è una lingua che spiazza essenziale figlia di un lungo percorso: dal dialetto abruzzese all'incontro con l'italiano che con il tempo si asciuga.

 
Guarda sul sito Rai il video dell'intervista

Il libro di Donatella Di Pietrantonio tra i migliori dell'anno

 

Donatella Di Pietrantonio ospite de "L'Officina"


Centro Storico di Giulianova

 L'Officina (L'Arte e i Mestieri)




Domenica 5 febbraio 2012
Aperitivo letterario con Donatella Di Pietrantonio

Ore 18.00










Vai al sito de L'Officina

17/01/12

Donatella Di Pietrantonio presenta il suo libro al Liceo Ariosto di Ferrara

Galeotto fu il libro - incontro con Donatella Di Pietrantonio
 
19 ottobre 2012 dalle ore 15.00 alle ore 17.00 
 
Luogo: Atrio Bassani
Donatella Di Pietrantonio
Mia madre è un fiume
Elliot Edizioni
2011

Incipit

Certi giorni la malattia si mangia anche i sentimenti. È un corpo apatico, emana l’assenza che lo svuota. Ha perso la capacità di provare. Allora non soffre, non vive.
Le visite di controllo servono a me. Mi rassicurano, non l’ho ammalata io e l’evoluzione è lenta. Alcune abilità sono in parte conservate. L’accompagno, mi occupo di lei, sono una figlia sufficientemente buona.
Il lungomare è deserto a quest’ora, arriva il rumore buio delle onde e l’acqua della risacca che macina sabbia e conchiglie. Ho parcheggiato lontano per passeggiare un po’ insieme. Mia madre cammina separata, ma ha rallentato il ritmo.  La prendo sottobraccio, la manica della giacca sa di Adriatico. Sulla sponda opposta Fioravante prigioniero soffriva la fame di una patata lessa al giorno.
Si rilassa, accordiamo l’andatura. Chiedo se le piace l’odore del mare. Dice che sì, insomma, ma lei è nata in montagna, preferisce il profumo delle erbe, dei fiori, non si è mai distesa su una spiaggia. Le avrebbe fatto bene alle ossa, osservo. Ride, adesso è tardi, non se lo metterebbe un costume da bagno. [...]


16/01/12

Sondaggio IL LIBRO DELL'ANNO SCELTO DA VOI

Sondaggio TG1:
"Mia madre è un fiume" di Donatella Di Pietrantonio partecipa al sondaggio organizzato da "Billy" (la rubrica del tg1 dedicata alla letteratura) per eleggere il libro dell’anno. Il sondaggio è aperto a tutti, si può votare una volta al giorno fino al 25 gennaio. Per partecipare potete cliccare sul link sottostante:
 
Vota per "Mia madre è un fiume"

05/01/12

Donatella Di Pietrantonio presenta il suo libro a Foggia

Stile Libero, la libreria della lentezza. Mauro Falciani: “Foggia città di lettrici”

(...) In calendario, per il 12 gennaio, c’è già Donatella di Pietrantonio, autrice del fortunatissimo “Mia madre è un fiume” (qui la recensione di Stato, Macondo), stampato dall’editrice Elliot.(...)


leggi tutto l'articolo di Piero Ferrante su statoquotidiano

Mia madre è un fiume su Flickr : album di Altalanga

Album di Altalanga su Flickr

Mia madre è un fiume

"Certi giorni la malattia si mangia anche i sentimenti.
E' un corpo apatico, emana l'assenza che lo svuota.
Ha perso la capacità di provare.
Allora non soffre, non vive.
(-)
Non so se è vero.
Volevo salvarla.
I conti non si chiudono mai tra me e lei.
Tutta la vita l'ho cercata.
Ancora la cerco.
Non la trovo, madre dolorosa. "
(Donatella Di Pietrantonio- Mia madre è un fiume.)
I malati di Alzheimer in Italia sono quasi 800.000. Una città. Vuota.
Buon compleanno, mamma.

04/01/12

Mia madre è un fiume: recensione su Libramos

MIA MADRE E’ UN FIUME di Donatella Di Pietrantonio

Mia madre è un fiume è un esordio potente che lascia il segno. Dopo le prime pagine ci si rende conto di trovarsi di fronte a una lettura che esige attenzione per penetrare a fondo o fugge via. Se non gliela si concede resta solo lo scheletro di una storia semplice, senza colpi di scena o svolte inattese; interi capoversi tracimati da un occhio distratto, senza tempo. Invece credo che questo libro abbia proprio bisogno di tempo, come la poesia, che trasuda abbondantemente da questa prosa accurata.
Il lavoro di stesura deve essere stato lento, come la mano artigiana su un oggetto intarsiato. E’ questo che ha reso il romanzo efficace nel suo intento; quello di raccontare il complesso legame tra una figlia adulta e una madre malata, in bilico tra sensi di colpa e di dovere, rifiuti e bisogni smisurati di colmare mancanze mai dichiarate.
Emerge un quadro reale, senza sentimentalismi di superficie né psicologismi parentali. Ed è proprio la sua rudezza a renderlo irrimediabile e struggente.
Esperia Viola è una donna anziana che una malattia cerebrale sta rendendo priva di ricordi. La figlia, ad ogni incontro, le restituisce un pezzo di vita smarrita, come i nomi delle sue cinque sorelle, la descrizione della loro casa, l’esilio in guerra del padre e il suo ritorno ai campi; episodi amari e dolcissimi di un’esistenza grama, di campagna, tra i rimedi ai climi estremi e i giochi all’aperto. L’Abruzzo diventa cornice imprescindibile del racconto; la sua parte più aspra però, di montagna, dove il profumo del mare non arriva.
Dalle parole della figlia, non emerge solo il lato pulito del passato, il duro tirare avanti di una famiglia contadina; ma un rancore latente, abituato a un rapporto rispettoso ma poco affettivo. Il ricordo di una madre dura, priva di slanci amorevoli e dalle parole contate, contrasta con la donna che è diventata: docile perché fragile, da poter ingannare, per vendetta. La vendetta però non esplode tantomeno un chiarimento. Il trambusto interiore che vive la figlia rimane nel pensiero, a osservare una madre bambina alla quale non si possono più chiedere spiegazioni.
Il romanzo è costellato di accuse e perdoni, sempre gestiti da una memoria soltanto, quella della figlia, che impacciata si barcamena dentro quel modo nuovo di stare con sua madre, tra la paura atavica di perderla e il bisogno di distaccarsi, di non entrare fino in fondo a quel dolore, di non accettarlo: “E’ nuova? Apprezza la stoffa con le dita deformi e intanto ho la mano addosso. Quello, cerca. Vuole me. Spesso lo fa con le maglie, mi prende il braccio e valuta la lavorazione, dice potrei farla al buio, presuntuosa. Si attarda sulla lana, si stacca con un movimento lungo dalla spalla verso il polso, come una carezza, una nostalgia. Soffro il contatto, avverto il disturbo. Vorrei chiudere forte gli occhi e aspettare che smetta, tremando un po’. Controllo la reazione. Cerco di sembrarle disponibile ma non mi credo, sono rigida. Dove si posa il palmo, la pelle scotta sotto il tessuto. Incontra un pezzo di ghiaccio secco e ruvido, con una peluria di brina in superficie che si attacca e ustiona. Quando va via resto irritata, per un po’. Ancora mi cerca, solo a volte. Non mi trova. Mi cerca. Quanto a me, ho paura.”
L’unica possibilità che resta è di amarla maldestramente, senza troppo contatto, al quale tanto nessuna delle due è abituata, ma tenendo vivi i gesti della sua quotidianità: i pomodori che vanno raccolti nell’orto, l’uncinetto, apparecchiare la tavola: “Trovami un disegno, chiede. Abbiamo già provato, anche i più semplici le sfuggono. Il filo diventa estraneo, ostile. Disubbidisce, fa i dispetti, non è più suo. Le comanda cose strane, non è sicuro. Potrei sederle vicino a lungo e dettare una maglia alta, cinque catenelle, tre maglie basse. Con la testa che sfiora la sua guardare di tanto in tanto il lavoro che le cresce tra le mani, apprezzarlo. Ma non ho ancora deciso di dedicarmi a lei.
Quando morirà sprofonderò nella colpa che mi vado costruendo giorno per giorno. Sarà pronta per il suo funerale. La colpa è vuota. E’ il vuoto delle mie omissioni. Ometto l’amore, le mani. La cura di cui più ha bisogno, lascio che le manchi. Le somministro la sua storia e ogni dodici ore la memantina idrocloruro da dieci milligrammi, compresse divisibili, con la moderata speranza che rallenti la degenerazione dei neuroni.”
Concludo con le parole per me più significative di tutto il testo con cui l’autrice, a mio avviso, ha risposto a tutte le domande posate come un sottile strato di polvere sulla storia delle due protagoniste.
“Ho chiamato ogni limite mia madre. Le ho imputato il mio volo zoppo. Lei è il mio pretesto. E’ causa, e motivo. Mia madre è un albero. Alla sua ombra mi sono giustificata. Si secca, anche l’ombra si riduce. Presto sarò allo scoperto.”

Libramos

Nel nome della madre: articolo del Corriere della Sera