DonatellaDi Pietrantonio
DONNE ANTICHE D’ABRUZZO, TRA TERRA E SOGNI
“Mia madre è un fiume” è il romanzo di esordio della 48enne autrice di Arsita, un paesino della provincia di Teramo, un tempo covo di briganti. È una storia familiare
che copre quattro generazioni e si incentra sui difficili rapporti della protagonista con
la genitrice e con il suo progressivo decadimento nella vecchiaia e nella malattia. Ma
nel flusso di coscienza del racconto ci sono anche, dopo il rifiuto, la riscoperta delle proprie radici contadine, i riti del cibo e le uccisioni degli animali, i modi di dire dialettali, i tanti lavori scomparsi. Un mondo duro di montanari che si preserva nella memoria della scrittrice.
di Ilenia Appicciafuoco
“Vuoi sapere perché rido? Perché camminava da modella tua madre, ma poi se doveva pisciare all’aperto si tirava un po’ la gonna sulle cosce, scostava le mutande di lato, allargava le gambe e via. In piedi, come una cavalla. L’ho vista, l’ho vista. Lo so che dopo non lo faceva più, ma io l’ho conosciuta da giovane. Dopo, aveva capito.”.i
Potrebbe essere racchiusa in questo breve estratto l’essenza di un romanzo le cui parole, di sangue
più che d’inchiostro, marcano paratatticamente la pagina e diventano testimoni di una storia antica,
di una saga, di un incubo camuffato da sogno. Una ‘favola terribile’.
L’abruzzese Donatella Di Pietrantonio, classe 1963, è nata fra le rocce di Arsita, un comune della provincia di Teramo popolato da meno di mille abitanti e celebre per essere stato, nell’Ottocento, uno dei tanti ‘campi di gioco’ dei briganti. Ad Arsita c’è anche una sorgente dalla quale scaturisce un’acqua che, si narra, fosse in grado di curare il mal di fegato. Nella piccola comunità, conosciuta come ‘Bacucco’ fino al 1905 – in onore di Bacco –, l’autrice ha trascorso l’infanzia e l’adolescenza. Sono proprio le montagne ed i paesaggi abruzzesi, ancora semi-incontaminati, i protagonisti del suo primo romanzo intitolato Mia madre è un fiume (Elliot, 2011, pp. 112 pagine, € 16,00). Copre quasi quattro generazioni, questa storia, un dialogo per voce sola, intriso di rabbia e desiderio di un affetto mai espresso, sempre inappagato, che si fonde alla nostalgia di un’epoca e degli usi e costumi dei montanari abruzzesi.
Passato e presente s’intersecano nelle vicende della famiglia Viola, in un flusso inarrestabile di credenze, dicerie e superstizioni.
(…) Ti era vietato contare le stelle sopra di te, che se le indicavi col dito ti spuntavano le verruche. Forse non volevano che i bambini si prendessero troppa confidenza con Dio.
Nessun commento:
Posta un commento